Aquile del Conero Moto Guzzi Club Ancona

Due giorni in Cadore, breve viaggio solitario nella memoria.

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AndreaM.
view post Posted on 17/9/2012, 21:47     +1   -1




Avevo 4 anni quando mio padre e mia madre decisero per la prima volta di farci passare un periodo di vacanza in montagna a Pieve di Cadore.
Per noi bambini, cresciuti a ridosso delle dolci colline Romagnole e con lo sguardo rivolto prevalentemente al vicino mare, quelle maestose e imponenti montagne erano una grande novità, un’autentica avventura.

Ricordo mio babbo caricare come un mulo la nostra pacioccosa Fiat 850 familiare color caffelatte, ricordo il viaggio per raggiungere la meta delle nostre vacanze come qualcosa di interminabile, quasi epico, stipato dentro questa generosa macchinetta assieme a mio fratello e mia sorella alternando momenti di allegria con canti a squarciagola a scomode dormite uno addosso l’altro a litigate furibonde con mio fratello che mi faceva i dispetti (o forse ero io a rompergli le palle…).

Ricordo anche tra i momenti più belli del viaggio quando, con la scusa del mal d’auto, mi veniva consentito di passare davanti per trascorrere un po’ di tempo in braccio alla mamma, altri tempi!

Continuammo a frequentare in estate quelle valli ed a esplorare quei passi alpini per parecchi altri anni, nel frattempo arrivò un’altra sorellina ma non un’auto nuova rendendo ancora più affollate e piene di ricordi le nostre vacanze in Cadore ……

Questa breve premessa per spiegare il titolo e la molla che mi ha spinto a intraprendere questo breve giretto di due giorni in solitaria, quasi una ricerca di me stesso e del mio passato in piccolo a caccia di luoghi, odori ma anche rumori per lasciarmi un po’ preda della nostalgia.

MappaCadore

I Giorno

Decido di prendermela con molta calma evitando un po’ di autostrada. Raggiungo prima Ravenna, poi dopo un breve tratto di SS16 Adriatica imbocco la Romea fino a Venezia. E’ un Lunedì, il prevedibile traffico di TIR è intenso e non mi fa apprezzare fino in fondo una strada certamente pericolosa ma in certi tratti comunque piacevole e panoramica.
Raggiunto Venezia entro in A27, autostrada via via sempre più deserta fino a raggiungere la barriera subito dopo Belluno.

Uscito dall’autostrada dopo pochi chilometri raggiungo il paese di Longarone, punto di partenza del mio giro, mi fermo un attimo per scattare una foto alla tristemente nota diga del Vajont, alle sue spalle il Monte Toc da dove nel 1963 si staccò la frana di 260 milioni di metri cubi di roccia che, precipitando dentro l’invaso, causò l’inondazione e la distruzione dei paesi sottostanti con un bilancio di quasi 2000 morti.

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Qui la memoria mi fa il primo brutto scherzo, ero convintissimo che la diga rimanesse alla mia sinistra e invece me la trovo dal lato opposto. Il paese è proprio sotto l’invaso, separato solo dal fiume Piave. Non c’è da stupirsi quindi dell’entità enorme dei danni che causò il disastro.
Dopo quasi 50 anni da quel giorno non c’è più traccia dell’inondazione, il greto del fiume è pulito e l’edilizia è tornata a impossessarsi del territorio, quando passai io per Longarone la prima volta erano invece passati solo 6 anni e ricordo bene che i segni della devastazione erano ancora ben visibili, mio padre si fermò con l’auto a bordo strada e ci raccontò la storia della diga insegnandoci a vedere e interpretare le profonde ferite che segnavano ancora il fondovalle.

Lasciato Longarone riparto seguendo la SS51 che costeggia il Piave, grazie ad una serie di gallerie che prima non esistevano e modifiche varie alla viabilità raggiungo Pieve di Cadore in un attimo, prima però faccio una piccola deviazione per visitare il pesino di Sottocastello, luogo dove ci portava mio padre per visitare il lago di Pieve di Cadore con la relativa diga.

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Qualche foto all’invaso e poi risalgo nel centro del paesino, qui mi fermo un attimo per guardarmi attorno e mi rendo conto con dispiacere che non mi ricordo praticamente più nulla, sono poche case, rimaste fuori dai percorsi turistici e quindi ancora con un aspetto abbastanza autentico, un po’ povero, con nell’aria quell’odore misto tra la legna che arde in vecchi camini e quello delle stalle realizzate proprio sotto le case.

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Riempio la bottiglia ad una fonte di acqua gelata e buonissima, risalgo in moto e raggiungo in pochi minuti il centro di Pieve di Cadore, trovo un parcheggio e faccio due passi in piazza e lungo le vie vicine.

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E’ qui che mi rassegno al fatto che non mi ricordo più quasi nulla e quindi decido di rinunciare alle “rimembranze” e godermi piuttosto i bei passi alpini che mi aspettano.

Riparto lasciando la SS51 e seguendo per un tratto di circa 15 km la SS51bis che costeggia il Piave, arrivato verso Auronzo di Cadore non vedo il bivio a destra e così mi perdo la deviazione per il passo di Monte Croce di Comelico, quando me ne accorgo sono già arrivato quasi al bivio per Misurina e non mi va di tornare indietro, devo decidermi di comprare una borsa da serbatoio in modo di avere la cartina stradale sempre sottocchio…

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Arrivato a Misurina costeggio il lago per poi avviarmi lungo la strada che porta fin sotto le famose Tre Cime di Lavaredo, qui mi attende una brutta sorpresa, la strada che tante volte avevo percorso con mio padre per raggiungere il rifugio Auronzo è ora regolamentata, per potervi accedere si deve pagare un pedaggio salatissimo, per un auto ad esempio è prevista la bellezza di 22 euro!

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Non sono contrario a pagare una piccola cifra per contribuire al mantenimento della strada ma sborsare un importo così elevato per percorrere pochi chilometri mi sembra un furto, arrivato davanti alla sbarra giro la moto e torno indietro, non sono l’unico, come me anche altri motociclisti e auto compiono la stessa manovra, noto le espressioni dei visi tra l’incazzato e il sorpreso.

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Ridiscendo fino al bivio e svolto a destra salendo poi fino a quota 1805 attraverso il passo Tre Croci.

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Da qui raggiungo Cortina dove mi fermo solo per fare qualche foto e il pieno di benzina.

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Imbocco la SS51 in direzione Pieve di Cadore attraversando i centri di San Vito, Borca e Vado di Cadore, dopo circa un chilometro da quest’ultimo lascio la statale per prendere a destra la strada per Cibiana fino a raggiungere l’omonimo passo a quota 1530 metri, scendo fino al paese di Forno di Zoldo e poi al bivio in frazione di Dont svolto in direzione del passo Duran, la strada è strettissima e panoramica, quando la feci con mio padre con la mitica Fiat 850 la strada era bianca e senza parapetti, guardando oggi le strettoie e gli strapiombi capisco il perché mia madre ancora oggi la ricorda con terrore!

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Arrivato sul passo Duran a 1601 metri di quota, dopo qualche foto, faccio inversione e torno indietro fino al bivio di Dont, da qui risalgo verso Zoldo Alto fino a raggiungere il valico di Forcella Staulanza a 1773,

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proseguo su una piacevole strada fino a Selva di Cadore, si sta facendo tardi e inizio a essere un po’ stanco, d’altronde non mi sono neanche fermato per pranzo!

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Di posti per dormine ce ne sono tanti ma essendo lontano sia dalla stagione turistica invernale che da quella estiva la maggior parte sono chiusi, per trovarne uno aperto (e deserto) sono costretto a tornare indietro di qualche chilometro, alla fine il posto non è male, la camera è spaziosa e pulita e la cena molto abbondante e gradevole, alle nove sono già a letto, dopo poco mi addormento come un sasso…..

II Giorno

Alle sei del mattino sono già sveglio, preparo i bagagli e dopo una breve colazione sono già pronto per partire, l’aria è fresca il cielo limpidissimo e un bel sole mi saluta, vado deciso fino a Selva di Cadore, poi al bivio prendo per Cortina, da qui inizia la parte più bella del percorso fatto in questi due giorni, sia per il bel tempo, l’asfalto quasi sempre perfetto, l’assenza totale di traffico (forse anche per l’ora) che per la vista strepitosa sulle montagne e sui fitti e verdissimi boschi.

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Arrivato su al passo di Giau alla bellezza di 2233 metri mi sono fermato per godermi la pace e la bellezza di questi posti, certo che viaggiare in questi periodi dell’anno è un po’ rischioso (la settimana scorsa mi dicono che aveva nevicato) me se hai la fortuna di trovare bel tempo ne sei ampiamente ripagato!

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Il silenzio è assoluto, la temperatura è scesa a soli 9 gradi ma il sole riesce comunque a scaldarmi, ampie strisciate di neve costeggiano ancora il passo, due enormi marmottoni fanno capolino da una tana e mi guardano perplessi ma non faccio in tempo a fotografarli.

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Un po’ a malincuore inizio la lunga discesa sul versante opposto, anche qui l’asfalto è perfetto ma i chilometri passano lenti, i panorami da gustare sono troppi!

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La strada termina con un bivio, a destra si torna a Cortina dalla parte opposta si va verso il passo Falzarego, svolto quindi a sinistra e inizio nuovamente a salire, questo tratto di strada è molto più veloce e “motociclistico”, curve ampie e anche brevi tratti rettilinei ti portano ad accelerare un po’, inizio d incrociare i primi motociclisti, arrivo rapidamente al valico posto a 2117 metri, mi fermo poco, ho ancora negli occhi la bellezza del Giau e il confronto con il Falzarego è ingeneroso nei confronti di quest’ultimo.

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Inizio la discesa seguendo la strada principale e le indicazione per il passo Pordoi, molti tornanti, una buia e umidissima galleria poi, dopo pochi chilometri, lascio la strada principale per seguire le indicazioni per la Marmolada. La prima parte di strada è un po’ più stretta e immersa nel verde poi dopo il bivio che torna verso Selva di Cadore si apre fino ad arrivare alle pendici della regina delle Dolomiti, la Marmolada,

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qui un tempo la strada finiva e si era costretti a tornare indietro, mia madre mi ha raccontato che quando andammo noi i lavori per la realizzazione della strada di collegamento con la Val di Fassa tramite il nuovo passo Fedaia erano in corso, ora sono ovviamente finiti da un pezzo così, dopo aver ammirato la Marmolada dal basso sono potuta salire fino al valico alla quota di 2057,

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una breve pausa per qualche foto e per ammirare il ghiacciaio oramai scomparso poi via di nuovo in direzione di Canazei.

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Arrivato in paese mi fermo al primo distributore per fare il pieno con la benzina più costosa della mia vita (maledetti!) per poi iniziare a seguire le indicazioni per il passo Pordoi, la salita su per questa strada sarebbe anche stata piacevole ma la presenza di una marea di motociclisti scatenati, autobus e camper hanno reso questa bella strada un po’ una sofferenza per un contemplatore come me.

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Arrivato in vetta al passo a quota 2239 metri dopo qualche foto al panorama faccio inversione tornando sui miei passi, non prima di essermi fermato però ad ammirare per un istante una bella Olandese, biondissima, inguainata in una attillatissima tuta di pelle togliersi il casco e scendere da un nuovo Ducati Diavel…..

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Dopo un paio di tornanti con la coda dell’occhi riesco a intravedere finalmente una marmotta uscire dalla tana, devo sbrigarmi prima che mi scappi anche questa! Mi fermo nel tornante dopo in una posizione assurda, recuperare la macchina e faccio qualche brutto scatto mentre frotte di motociclisti stesi mi sorpassano perplessi.

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Finita finalmente la discesa dal Pordoi prendo a destra verso Selva di Val Gardena, da qui si torna nuovamente a salire fino a raggiungere il passo Sella a 2244 metri di quota.

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I panorami sono veramente bellissimi tanto da metterlo al secondo posto della mia classifica di gradimento di questa serie di passi alpini, qualche moto c’è ma gli smanettoni sono pochi, i più salgono come me lenti ammirando le splendide montagne.

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Mi fermo diverse volte per scattare qualche foto, in vetta, oltre alle onnipresenti BMW incrocio pure anche qualche coraggioso ciclista,

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rinuncio anche questa volta al pranzo e decido di iniziare subito la discesa verso Selva di Val Gardena, fino al paese la strada è bella e volendo veloce, in questo tratto mi prendo il primo e unico “spaghetto”, complice il sole forte non vedo sulla sede stradale una pietra franata dal fianco della montagna, ha le dimensioni di un cubetto di porfido e ci picchio contro in pieno con la ruota anteriore, la mia solita bassa velocità unita alla pesantezza/stabilità della Stelviona mi salvano dalla caduta, fortunatamente il robusto cerchio a raggi non ha subito danni! Mi fermo un minuto a riprendere fiato poi raggiungo il paese, da qui inizio a seguire le indicazioni per l’autostrada A22 del Brennero percorrendo una strada poco interessante e un po’ noiosa fino ad arrivare al casello di Chiusa di Val Gardena, tra Bressanone e Bolzano.

Imboccata la A22 tiro facendo tutta autostrada via Verona – Modena, in poco più di 3 ore sono a casa.


Alla fine in totale ho percorso 960 chilometri. Di passi alpini sono riuscito a farne solo una piccola parte di quelli che la zona potrebbe offrire, non potendo farli tutti in soli due giorni il limite che mi sono dato è stato quello di voler ripercorrere solo gli stessi fatti da bambino con la mia famiglia.
 
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